Non si può considerare completamente chiuso il processo ideologico del soggettivismo astratto. Sarebbe come tralasciare nella nostra realtà il soggetto pensante. Si tratta soltanto di eliminare l’eccesso di centralità ad esso attribuito per esempio nell’esperienza della “actionpainting” fiorita nella cultura tardo-industriale. Essa, accecata dal successo concreto della produzione industriale indiscriminata, aveva tralasciato il soggetto pensante, emarginandolo nelle periferie urbane.
Fatta questa premessa bisogna sottolineare come Enzo Tomasello nella sua ricerca espressiva non ha subito la tentazione implosiva nell’arte, ed ha superato correttamente il concetto di implosività.
Ci interessa, qui, sottolineare come buona parte della cultura contemporanea risulta fondata sui principi della discontinuità. Edward Lorenz nella sua “Teoria del caos” suggerisce la sostituzione del concetto di ordine con quello di caos e, correttamente, Carmelo Strano – in rapporto dialettico con questa teoria – evidenzia in essa una sorta di ‘non implosività’ formale. In altri termini è come se Lorenz negasse il concetto rinascimentale della “lex continuitatis”.
Enzo Tomasello risulta più minimalista che caotico; coerentemente a quanto detto precedentemente, non accetta l’idea di una facile sedimentazione della cultura, ma persegue quella di un’instancabile ricerca. In altri termini, la sua non è una radicale modificazione del pensiero codificato, bensì un’innovazione/rivoluzione del suo stesso pensiero ed estende le tematichepaesaggistiche verso l’essenza della loro costituzione. E’, il suo, un impianto alchemico prelevabile dalla natura e tende ad accoglierne i suggerimenti fino a codificarli cromaticamente e matericamente nella sua tavolozza.
LA TEORIA TRANSAZIONALE
La ormai configurata e scientificamente verificata variabilità percettiva risulta in funzione di una accertata transazionalità, cioè quella variazione epocale nei processi percettivi in funzione della cultura, della produzione artistica e delle innovazioni scientifiche. Queste impongono di rimuovere, in senso innovativo, tutte le facili conclusioni, già configurate, statiche, inamovibili ma assolutamente inaccettabili in una realtà che cambia velocemente.
Sembra ormai scontato come i cambiamenti epocali mutano velocemente ogni qualvolta si acquisiscono nuovi riferimenti scientifici, culturali, nonché per le innovazioni tecnologiche, piuttosto che per un’autonoma morfogenesi. A tal fine mi piace indicare come il mondo della scienza, intesa come osservazione della natura, ha dato un forte contributo innovativo non solo nei confronti della cultura scientifica, bensì nei confronti delle arti figurative. Del resto la fenomenologia di Husserl, già dal 1850, aveva sottolineato la necessità della unificazione interdisciplinare tra le scienze della natura e le scienze dello spirito. In altre parole stiamo evidenziando che il principio della interdisciplinarietà, applicato alla teoria delle percezioni, ebbe un grande risvolto, dovuto alla Gestalt Theory, nei confronti delle interpretazioni dei processi percettivi. Ricordo come l’action painting di J. Pollock, risultava in netta contrapposizione con il materialismo della produzione industriale, all’interno della quale l’uomo – come soggetto pensante – non trovava una sua adeguata collocazione. Il suo soggettivismo astratto era dunque giustificato e illuminato, ed in quanto tale fu un segnale da non dimenticare, segnale in qualche modo lo stesso Enzo Tomasello ha saputo ben equilibrare. Infatti la sua pittura, legata ad una interpretazione della natura in termini di essenzialità materica, non ha trascurato alcuni segni, molto ben sintetizzati in linee che attraversano lo spazio pittorico, che testimoniano la presenza di un soggetto pensante. Le sue opere così costruite indicano che da una parte la filosofia della scienza, dall’altra quella dello spirito sono testimoni contemporanei della cultura della comunicazione.
Enzo Tomasello con una umiltà quasi francescana, esce dal suo rifugio spirituale solo dopo aver arricchito il suo bagaglio ideologico. Con dotta umiltà si sofferma a esplorare la realtà nelle sue componenti essenziali: da un lato la materia impalpabile che trasmette il calore solare definita cromaticamente e simbolicamente come materia vibrante nelle sue caratteristiche essenziali. Altro elemento importante risulta il mare diviso dall’unica componente euclidea ammessa dalla natura che è l’orizzonte.
L’orizzonte divide la realtà impalpabile, cioè il cielo – res cogitans’ – dalla ‘res extensa’, cioè la terra, di cui si sono tanto occupati i testi del Genesi: la prima individua il pensiero; la seconda, la res extensa – terra, costituisce con il segno del fuoco una testimonianza della sua condizione iniziale. Questo rapporto tra i due elementi, che non si contraddicono, stabilisce una relazione di interdipendenza, ben compresa dalla pittura di Enzo Tomasello. L’autore, infatti, interpreta ideologicamente e in modo corretto una linea di pensiero colto ed eticamente percorribile, attraverso il quale esprime la sua attività di artista e di studioso dei problemi ambientali. La questione ambientale, del resto, derivata prevalentemente dall’allarmante cultura produttivistica della hard-tecnology, sembra succedere alla questione sociale in cui cominciavano a denunciarsi i guasti nel rapporto ambiente-società; l’epoca industriale ha degradato l’ambiente naturale, urbano ed extraurbano e nei confronti di questi ultimi si è attivato un importante processo di recupero e di riqualificazione inteso come condizione indispensabile per la sostenibilità della esistenza della vita della specie umana nel pianeta.
Enzo Tomasello, come molti di noi, si è costruito il suo eremo come luogo di riflessioni, di cui è densa anche la sua pittura; ritengo che essa interpreti la materia in modo non introspettivo, semmai in maniera propositiva di una scienza rimeditata in termini di innovazione e di discontinuità.
In questo universo ha tuttavia mantenuto, in termini assolutamente ridimensionati, la componente soggettivistica, che non può mancare se intesa come scienza del pensiero rimeditato che prende le distanze dal soggettivismo astratto. Il suo segno designativo, denotativo e connotativo, risulta simbolo della presenza umana tradotta in termini di innocenza infantile e della purezza dell’animo che l’autore sovrappone allo sfondo ambientale con linearismi, solo apparentemente trascurabili, ma densi di contenuti emblematici, di una sensibilità interiore priva di compiacimenti grafici. Inoltre il tema del linearismo ha solide radici filosofiche nell’Einfühlung di Vischer, cioè nella teoria dell’empatia visiva che chiama in causa i segreti dell’interiorità umana quali ricettori della bellezza della natura.
Ugo Cantone* per BOOKENDS – Castelmola 2007
Preside Facoltà di Architettura – Siracusa*